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Punti di interesse culturale
I Fossili del Rio Rocca
SIC di SAN Valentino e Rio Rocca

I FOSSILI DEL RIO ROCCA

L’aspetto più interessante della zona del Rio Rocca è certamente quello dei fossili che vi si possono reperire.Vi è abbondanza di fauna marina di vario tipo (foraminiferi, poriferi, brachiopodi, molluschi delle classi scafopodi, lamellibranchi, gasteropodi, echinodermi, delle classi blastoidi, edrioasteroidi, crinoidi, echinoidi, cordati delle classi con dritti e osteiti). Fra i possibili fossili vi sono pure tronchi, rami, foglie di vario tipo.

Orogenesi della zona del Rio Rocca

Il fenomeno orogenetico che stiamo per prendere in considerazione fa parte di un fenomeno più ampio che trova la sua origine nell’era terziaria o Cenozoica e comprende i periodi del Paleogene e del Neogene, durante i quali la nostra penisola si viene formando e acquista gradualmente l’aspetto attuale. Durante l’epoca dell’Eocene paleogenico, con il procedere del movimento della deriva dei continenti che portava il blocco africano sempre più vicino all’Europa, inizia l’orogenesi della catena alpina.

Nell’epoca successiva, cioè l’Oligocene, l’orogenesi alpina raggiunge il massimo della sua forza e cominciano ad emergere i primi rilievi appenninici: l’Italia incominciò cioè a delinearsi come una penisola proiettata nel Mediterraneo, il quale a sua volta stava assumendo una precisa fisionomia. La zona da noi presa in considerazione allora faceva parte ancora di un ampio mare in cui si sono formate 35.000.000 di anni fa le arenarie (sabbioni) di Montebabbio, del Monte fragolone, del Monte Pradella, arenarie che affiorano pure a Gavardo e a Frascaro di S. Valentino e sulle quali poggiano pure la rocca e il castello di Castellarano.

Nel periodo successivo e cioè nel Neogene, durante l’epoca miocenica, mentre continuava con notevole forza l’orogenesi delle Alpi e dell’Appennino centro-settentrionale, crescita caratterizzata da forti manifestazioni vulcaniche effusive ed intrusive che portarono alla formazione dei Colli Euganei, la nostra zona era ancora fondo marino sul quale, a volte, si depositavano ceneri vulcaniche che su questo mare piovevano dalle zone circostanti. Affioramenti di queste sedimentazioni vulcaniche si rivelano a Sud-Ovest del Rio Rocca, non molto lontano dalla zona dove egli piglia origine e cioè fra le località Rontano e Melino, in frazione di S. Valentino.

Questa roccia, chiamata cinerite, colpisce per il suo biancore e per la sua scarsità di peso.


Era o Gruppo Periodo Epoca Inizio

CENEZOICA

O

TERZIARIA


NEOGENE

Pliocene 5 milioni anni fa
Miocene 22 milioni anni fa
PALEOGENE Oligacene 40 milioni anni fa
Eocene 55 milioni anni fa
Paleocene 65 milioni anni fa

 

Suddivisione dell’Era Cenozoica o Terziaria.

Verso la fine di quest’epoca vi fu una regressione marina, cioè il mare si ritirò un po’ dovunque, il mar Mediterraneo rimase isolato e si chiusero gli sbocchi che aveva con l’Oceano Indiano e con l’Atlantico.

La chiusura delle comunicazioni con gli oceani e l’esigenza di un clima molto più caldo di quello attuale portarono ad una forte evaporazione, cioè a quella che i geologi chiamano “crisi di salinità” e alla conseguente formazione sul fondo marino di strati di sedimentazione evaporatici quali anidriti, gessi, salgemma e zolfo. La presenza di questi strati anche nelle rocce della zona del Rio Rocca è testimoniata qua e là da piccole sorgenti di acqua sulfurea. Ne ricordo una in particolare dentro i calanchi di Casa Alfieri e che ora non è più reperibile per i vari smottamenti che sono avvenuti nella zona.

Alcuni studiosi affermano che in quest’epoca quasi tutto il Mediterraneo si sarebbe prosciugato, trasformandosi in un enorme bacino profondo, riempitosi poi successivamente quando nel Pliocene inferiore il mare di nuovo si aprì la via attraverso lo stretto di Gibilterra.

Il Pliocene iniziò con una nuova trasgressione marina, cioè con una nuova avanzata delle acque sulle terre emerse, 5 milioni di anni fa.

Dalle acque emergevano le Alpi e gli Appennini, nei quali continuavano i movimenti orogenetici e, fra Alpi ed Appennini, si venne a formare l’ampio Golfo Padano. Durante quest’epoca inizia la fase di colmamento del Golfo. Si accumularono enormi spessori di sedimenti detritici (a volte di 4-5 km. Di spessore) provenienti dagli smantellamenti dei rilievi alpini ed appenninici: si tratta perlopiù di sedimenti argillosi o arenaci, contenenti una ricchissima fauna a molluschi marini.

L’Appennino settentrionale, la cui linea di costa correva lungo l’attuale margine della catena, depositava sedimenti costieri, seguiti più ad est da sedimenti di acque profonde. Alla fine del Neogene e all’inizio dell’era successiva tutto il Golfo Padano fu riempito, emerse dalle acque, formò la pianura (circa 2 milioni di anni fa).

I sedimenti del mare pliocenico, formante il Golfo Padano, sono argille azzurre, seguite da sedimenti sabbiosi e contengono una delle più abbondanti faune di invertebrati, soprattutto gasterobili nel bacino del Rio Rocca e del suo affluente Rio Degani, spesso non molto profonde, qualche volta affioranti in superficie.

Le argille azzurre del Pliocene inferiore sono coperte dalle sabbie gialle del Pliocene superiore ed esse si depositarono durante due diversi e successivi intervalli di tempo che si chiamano Piacenziano (vedi argille azzurre) e Astiano (vedi le argille gialle). Infine, sopra le argille azzurre del Piacenziano e le sabbie gialle dell’Astiano, si notano terreni per lo più ghiaiosi, a ciottoli minuti e molto arrotondati, di varia colorazione. Quest’ultima falda superficiale della zona del Rio Rocca e delle zone limitrofe assume un aspetto piuttosto pianeggiante e forma gli altipiani del Caffarello, di Farneto e del Farandello. Questi altipiani trovano una loro spiegazione nei fenomeni avvenuti nell’ultima era, la Quaternaria o Neozoica, era iniziata circa 2.000.000 di anni fa e nella quale tuttora viviamo.

L’inizio di quest’era è posto in corrispondenza dell’inizio di un ciclo di espansioni glaciali che la caratterizzano. Durante il quaternario o Neozoico si alternano periodi freddi, in cui i ghiacciai coprono tutti i rilievi continentali europei e nordamericani, e periodi più caldi di oggi, durante i quali i ghiacci si sciolgono e si ritirano. Queste variazioni determinarono l’oscillazione del livello del mare, che si abbassava in corrispondenza delle glaciazioni e si alzava durante i periodi interglaciali, lasciando i segni delle spiagge a livelli diversi.

Le glaciazioni prendono il nome di Donau (dal Danubio), di Gunz, di Mindel, di Riss, di Wurm (dai nomi di alcuni piccoli fiumi delle Alpi Settentrionali). L’ultima glaciazioni, il Wurm, è finita appena 10.000 anni fa. Scomparvero i ghiacciai che ricoprivano le Alpi fino al centro della Pianura Padana, riducendosi ai limiti di oggi. Contemporaneamente scomparvero l’orso delle caverne (ursus speleus) e il mammuth, per far posto alla fauna temperata dei nostri giorni. Con la fine dell’ultima glaciazione (il Wurm) termina il Pleistocene cioè il Quaternario antico, e inizia l’Olocene, il periodo attuale. Durante i periodi interglaciali e dei conseguenti aumenti del livello del mare, succedeva che i ghiacciai lasciavano ampi depositi morenici e detritici lungo i margini della linea della loro massima espansione, depositi che venivano sommersi dall’avanzare delle acque marine e quindi livellati e arricchiti di nuovo materiale detritico dall’apporto dei fiumi, che, impetuosi, scendevano dai monti sui quali i ghiacciai continuavano a sciogliersi.

Tale è l’origine dei tre altipiani da noi presi in considerazione e che formano i terrazzamenti del bacino del Rio Rocca. Non è errata quindi la convinzione, molto diffusa fra le nostre popolazioni, che una volta (così si dice) il fiume Secchia avesse il suo letto di scorrimento sul Caffarello e sulla piana di Farneto. Con maggior precisione possiamo affermare che detti altipiani erano il basamento, anche se sommersi, su cui il Secchia riversava alla sua foce il materiale detritico che trasportava dalla montagna; più tardi, con la regressione marina, il Secchia si scavò l’attuale corso ed i suoi affluenti, fra i quali il Rio Rocca, incisero profondamente questo basamento fluviale. Il periodo interglaciale che interessa la nostra zona è il secondo e precisamente l’interglaciale Gunz-Mindel e i suoi depositi vengono appunto citati dai geologi col termine di “depositi dell’Emiliano”.

 

Fossili Miocenici e Pliocenici del Rio Rocca

Gasteropodi (dal greco stomaco e piede)

Formano la classe più numerosa di molluschi con oltre 30.000 speci, diffuse in tutto il globo. Hanno capo distinto e una espansione carnosa appiattita sotto il ventre, detta piede, che serve per la locomozione. Il corpo è comunemente protetto da una conchiglia a spira, di una sola valva. Le specie principali sono le lumache, le chiocciole, le paludine, le patule, le orecchie marine, le patelle, i coni, ecc.

Lamellibranchi

Molluschi senza capo distinto, ravvolti in una conchiglia bivalve, come mitili, ostriche, pettini, ecc.

Poriferi (dal greco condotto-passaggio)

Animali marini più comunemente chiamati spugne, il cui corpo è attraversato da infinite piccole aperture che servono a filtrare l’acqua e a trattenere il plancton e da altre aperture più grandi (osculi) per fare uscire l’acqua filtrata. La parte viva dell’animale, addossata alle pareti degli scogli o al fondo marino, è costruita da piccoli corpi gelatinosi muniti di ciglia vibratili.

Echinodermi

Tipo di animali, esclusivamente marini, con dermascheletro calcareo, tra cui le stelle marine, i ricci di mare, e altri animali a raggi o globulosi.

Scafopoidi (dal greco vaso e piede)

Molluschi marini che hanno conchiglia allungata, conica, leggermente ricurva, aperta alle due estremità.

Sono di una sola famiglia e di un solo genere, detto dentalio (dai profani vengono chiamati “bocchini” per la somiglianza della loro conchiglia al bocchino da sigarette).

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